Tra strada e campestre: il confine invisibile della preparazione..
Tra strada e campestre: il confine invisibile della preparazione
Novembre. Le foglie cadono, ma il calendario continua a correre. Maratone, mezze, strade, campestri… tutto si sovrappone, tutto si rincorre. Ma l’atletica,
quella vera, ha bisogno di pause, di costruzione, di silenzi. Correre sempre non significa crescere sempre. Negli anni ’70 e ’80, l’atletica aveva stagioni più nette. L’inverno era per il fondo,
la primavera per le campestri, l’estate per la pista, l’autunno per qualche gara su strada. Oggi, con la corsa su strada diventata quasi “industria”, i confini si sono sfumati.
Preparazione invernale sacrificata: novembre dovrebbe essere il tempo della rigenerazione, del fondo lento, della costruzione. Gareggiare in quel periodo può
compromettere la base per la stagione successiva.
Sovrapposizione di obiettivi: chi fa strada e campestre rischia di non avere una direzione chiara. Si corre tanto, ma si costruisce poco.
Stress fisico e mentale:
senza pause vere, l’atleta rischia di logorarsi. Il corpo ha bisogno di cicli, non di continuità infinita.
Cosa servirebbe per ritrovare equilibrio
Calendari più ragionati: con pause programmate e cicli di lavoro ben definiti.
Educazione alla periodizzazione: far capire agli atleti (e ai tecnici) che non si può essere in forma tutto l’anno.
Valorizzazione della campestre: come palestra invernale, non come appendice marginale.
È tempo di scegliere. Di tornare al fondo, alla terra, alla fatica che non si misura in cronometri ma in visione. Di pensare non solo alla prossima gara,
ma alla prossima stagione.
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