Chi pratica
lo sport non sempre si cura di percepire a pieno i valori ed i significati di
ciò che fa: si gioca perché piace giocare o perché si sente l’esigenza di
competere, senza porsi tante domande. Ma il gioco e l’agonismo – possono diventare tappe di partenza
nello sviluppo integrale della persona.
E’ la
dimensione agonistica del gioco e dello sport che spinge ad andare oltre i
limiti delle prestazioni precedenti ed a superare gli avversari. Ma solo una
parte dell’agonismo si risolve nel lottare contro gli altri: l’altra, quella
maggiore, consiste nel lottare contro i mille volti del negativo, come i
raggiri per eludere le regole, i facili vittimismi, le aggressioni verbali
verso gli antagonisti, le ribellioni alle decisioni arbitrali non condivise o
il ricorso al doping.
Ecco perché
dovrebbe scomparire una certa visione dello sport, sempre presente in organismi
sportivi trasmesso come un semplice passatempo, oppure solo un mezzo
per togliere i ragazzi dalla strada; è una visione troppo banale e riduttiva,
Di più; se è vero, e lo è, che lo sport è un valore dell’uomo, un luogo di
umanità e di civiltà, allora non si deve cedere alla tentazione di pensare che
solo un certo tipo di sport educhi: quello non agonistico, quello nella natura,
quello senza classifiche, quello senza vincitori né vinti. E’ una tentazione
comprensibile, ma smentita in modo chiaro ogni giorno. L’agonismo può e deve
essere fortemente educativo; la vera sfida è saperlo vivere da parte di chi lo
pratica e saperlo gestire da parte di allenatori, arbitri e dirigenti
preparati.
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