L’umanità sta affrontando una crisi globale, forse la più grande della nostra generazione. Le decisioni che le persone e i governi prenderanno nelle prossime settimane probabilmente incideranno in profondità su economia, politica, cultura e società a livello mondiale. Queste decisioni, che in tempi normali richiedono tempi molto lunghi, diventeranno parte della nostra quotidianità per diversi mesi, forse anni: è una delle conseguenze dei periodi di crisi, accelerano i processi storici.
Da questo punto di vista anche lo sport sarà profondamente segnato dalla crisi e dai suoi successivi risvolti, che dipenderanno dai comportamenti dei singoli individui così come dalle scelte dei leader politici. Nessuno sa quando e se riprenderemo a correre e gareggiare come prima: probabilmente questa non è la domanda più corretta da porci in un momento di grave difficoltà da parte di molte persone, in cui le priorità sono ben altre. Nonostante ciò, con la giusta umiltà e leggerezza, ci sembra importante affrontare un argomento che abbiamo a cuore e vuole provare ad essere uno spunto per tracciare una linea di orizzonte, un modo per rimanere attaccati a una voglia, una sensazione – pur parziale – di normalità di cui abbiamo desiderio e probabilmente forte bisogno.
Sono giorni di duro lavoro, ipotesi e discussioni anche da parte del settore federale del nostro sport, per ciò che si prospetta uno scenario fortemente incerto e dettato da necessità di tipo sanitario e misure di distanziamento sociale.
Ne abbiamo parlato con il responsabile del settore trail e corsa in montagna per la FIDAL, nonché contributor del nostro sito, Paolo Germanetto, al quale chiediamo prima di tutto di fare una piccola review sullo stato attuale di norme e misure preventive.
Ciao Paolo, come intende muoversi la federazione? E’ già possibile ipotizzare una data o un periodo per la ripresa delle attività?
Premessa banale, ma fondamentale di questi tempi: tutte le Federazioni ipotizzano scenari e provano a riorganizzare l’attività, ma saranno l’evoluzione del contagio e le disposizioni che verranno a determinare quando si potrà realmente ripartire e in che modo. Ad oggi FIDAL ha sospeso l’attività agonistica fino al 31 maggio, ma è evidente che un’eventuale ripartenza da giugno potrà essere limitata ad una parte dell’attività e su base prevalentemente locale.
Più facile pensare alla pista, ai concorsi e all’attività praticabile in corsia con serie limitate, che non al mezzofondo. E, ancor meno, all’attività su strada e sui sentieri, quella che più ci riguarda.
Prima ancora, però, il primo step riguarda la possibilità di ricominciare ad allenarsi con un po’ più di libertà rispetto al momento attuale. Il Ministro dello Sport ha ipotizzato la data del 4 maggio anche in questo caso, vedremo nel dettaglio cosa vorrà dire in termini pratici, anche sulla base delle proposte che FIDAL in questi giorni sta avanzando al Ministero. Spero che dal mantra “state a casa” si riesca a spostare attenzione e comunicazione su di una responsabilizzazione individuale incentrata sul vero tema, ovvero sul distanziamento sociale. Promuovendo una sorta di #corrosolo che peraltro intercetterebbe molto meglio le indicazioni dell’OMS rispetto all’esigenza di fare attività motoria anche (e soprattutto…) in questo tempo di crisi. Sarebbe un segnale importante di ripartenza, una concessione da gestire come un bene prezioso.

Quali step sono stati definiti dalla World Athletics in ambito internazionale?
L’enormità della pandemia, in termini sportivi, è riassunta appieno dal rinvio dei Giochi Olimpici: qualcosa di impensabile, se non in tempi di guerra. Per il 2020, World Athletics ad oggi ha confermato i Mondiali di mezza maratona (posticipati al 17 ottobre) e, attraverso la collaborazione con WMRA, i Mondiali di corsa in montagna, in programma il 13-14 novembre ad Haria/Lanzarote. Anche il principale circuito promosso da WA, la Diamond League, ha visto l’annullamento delle prime tappe e, al momento, non si hanno certezze su possibilità di recuperi, conferme o cancellazioni ulteriori.


Quali prospettive si aprono per gli atleti, da un lato, e gli organizzatori di eventi, dall’altro?
Penso che più o meno tutti noi, in questo momento, alterniamo giorni in cui prevalga il pragmatismo, anche un po’ liberatorio e caustico, di dire: “arrivederci al 2021”, ad altri in cui vinca invece la speranza di poter ripartire progressivamente nei prossimi mesi. E’ così anche per me, nella consapevolezza che però, soprattutto per gli atleti, sia fondamentale mantenere vivo un obiettivo, un sogno anche rimodulato rispetto al presente contingente. E’ una responsabilità che io sento, specie verso i più giovani. Ad un atleta non puoi prospettare una pausa di un anno senza almeno aver provato a trovare qualche soluzione. Sento il dovere di provare ad essere ottimista. Non incosciente, ma almeno con sguardo positivo.
In termini pratici, questo si riflette nella proposta che abbiamo fatto sui campionati federali del comparto off-road. La sospensione ha avuto ripercussione diretta su molti campionati, giovanili e assoluti, previsti nel mese di maggio. Il presupposto non è quello di recuperare tutto per forza, ma una prima proposta – chiamiamolo piano A, se vogliamo –  si basa anche sulla disponibilità offerta da alcuni organizzatori storici del nostro movimento.
Malonno, ad inizio agosto, si è resa disponibile ad ospitare le staffette giovanili in occasione del Fletta Trail, mentre Susa organizzerebbe anche l’individuale giovanile il giorno precedente alla classica “Stellina”, in programma il 23 agosto e valida come Campionato Assoluto su distanze classiche. Con l’annullamento della prima prova di Roncone, già assodato, il titolo per il 2020 si assegnerà in prova unica, mentre è confermato lo spostamento al primo weekend di ottobre del Trofeo Nasego di Casto, valido anche come tappa della World Cup, così come il Km Verticale di Chiavenna che slitta di una settimana al 10 ottobre. Anche Morbegno, come Malonno, ha risposto presente, offrendo la propria disponibilità ad ospitare il Campionato Assoluto a staffetta in occasione del Trofeo Vanoni.
Per quanto concerne i Campionati di trail, ad oggi è confermata UTLO per il trail lungo, mentre non è detto che nel 2020 vengano recuperati il trail corto, assegnato al Trail delle 5 Querce a Gravina di Puglia, e il Campionato italiano Master di corsa in montagna, che non sarà disputato a luglio a Colorina (So). A tutti gli organizzatori che hanno dovuto fare i conti con la sospensione dei propri Campionati è stata offerta la possibilità di ripresentarsi per il 2021.
Sono ben consapevole che questa sia una prima proposta, sulla cui fattibilità incideranno, in primis, l’evoluzione del contagio e i dispositivi di sicurezza che ne conseguiranno. Tra le ipotesi anche l’eventualità di prevedere gare di campionato a cronometro, ma la vera premessa rimane quella che abbiamo ricordato nei giorni scorsi anche su questo sito: le nostre gare, così come le abbiamo sempre vissute, strutturate su di una partecipazione di massa, con pubblico e molta aggregazione, sono qualcosa che non va propriamente nella direzione del distanziamento sociale imposto dalla pandemia.
In ipotesi, sarebbe molto più facile risolvere il “problema” di una prova di selezione per i Mondiali, anche a cronometro e riservata a pochi partecipanti, che non pensare alle stesse gare di sempre.

Il ritorno alla tanto desiderata normalità, dopo la fase di isolamento sociale messa in atto dalle politiche attuali, sarà un percorso lungo e accidentato, proprio come in un trail. E’ sempre meno appropriato parlare di un dopo coronavirus in cui avverrà una normale ripresa delle attività, semplicemente perché appare evidente come con il virus dovremo convivere per un lungo periodo, in cui dovremo imparare a rispettare diverse misure di sicurezza e prevenzione.
In che modo tutto ciò si rifletterà sull’attività sportiva, sulla partecipazione degli atleti alle competizioni e sull’organizzazione dei grandi eventi?

Hai detto bene, almeno per un po’ di tempo dimentichiamoci ciò a cui eravamo abituati, anche in ambito sportivo. Il primo vero punto è tornare a poter fare attività motoria individuale all’aperto. “Io non contagio gli alberi, loro non contagiano me” ha detto in questi giorni in un’intervista Maurilio De Zolt: mi pare buona sintesi.
Per quanto concerne il ritorno alle competizioni, il primo sbarramento sarà dato da un’altra sintesi, quella che verrà fatta rispetto alla proposta della Federazione Medici Sportivi, l’ente più accreditato ad esprimersi in tema di ripresa agonistica: uno screening di quel tipo, tarato sugli sport di squadra, è economicamente difficilmente sostenibile dal singolo, tanto più se da ripetere nel tempo.
Tra gli organizzatori, a fine marzo uno dei temi centrali di discussione era come gestire un presumibile sovraffollamento di gare in autunno, alla luce dei tanti rinvii che si sarebbero verificati. Ora centrale è diventato capire in che modo anche gli organizzatori di gare autunnali potranno eventualmente gestire la loro manifestazione, intesa in senso lato e certo non solo dal punto di vista tecnico e agonistico. Logistica, pubblico, servizi, aree comuni, disponibilità di personale sanitario e di protezione civile, ricettività alberghiera, ristorazione. Tutti temi che nei prossimi mesi intercetteranno fortemente le norme che verranno date rispetto alla possibilità di svolgere manifestazioni e alle modalità con cui poterle fare. Fidal sta lavorando su alcune proposte da condividere con il Ministero dello Sport, ma il tema è chiaramente più ampio rispetto al solo settore sportivo.

La crisi ha dato una opportunità di sviluppo a mezzi e strumenti tecnologici ancora poco utilizzati in ambienti federali così come tra gli atleti. A fine marzo si è svolto il primo consiglio federale in video conferenza, con enorme risparmio di tempo, energie e risorse economiche. L’iniziativa AtleticaViva, i diversi seminari e conferenze organizzati negli ultimi giorni, le proposte di allenamento e cross training partite direttamente dagli atleti sono un modo per tenerci attivi in questo periodo di isolamento sociale e nello stesso tempo un canale di comunicazione utile ed efficace che potrà essere utilizzato anche nel futuro. Il costante confronto tra tecnici, atleti e la contaminazione tra le diverse specialità può portare allo sviluppo di idee, tecniche innovative e miglioramenti.
Come vedi questa “rivoluzione culturale” avvenuta anche nell’ambito dell’atletica?
E’ sicuramente stata una delle reazioni più positive alla crisi determinata dalla pandemia. Alcune scelte oggi obbligate, penso e spero possano diventare modalità ricorrenti in tema di incontri e riunioni. I primi tre seminari online che hanno riguardato “mountain and trail running” sono andati decisamente bene, con molte più richieste rispetto ai numeri a disposizione, e ne seguiranno altri: uno, in particolare, in collaborazione con la FISI e con il coinvolgimento di tecnici dello sci di fondo e del biathlon. Oltre alle riunioni con la struttura tecnica federale, al coinvolgimento di tutti i referenti tecnici dei vari Comitati Regionali, abbiamo avuto modo di incontrare più volte gli atleti azzurri, e faremo altri incontri allargati ad altre fasce di atleti. Nulla di trascendentale, ma soltanto il desiderio di sapere come stiano tanti amici, mantenere vivo un poco di entusiasmo e condividere quanto più possibile le proposte da fare. E’ una disponibilità che rinnovo a tutti, per qualsiasi tipo di richiesta e di incontro.

Il danno di immagine subito dal mondo della corsa e dai “runners”, termine quanto mai inappropriato e scomodo in questa situazione di emergenza, è stato triste e evidente soprattutto a livello mediatico. Siamo stati messi di fronte a situazioni paradossali e a gravi accuse sociali in maniera irrazionale e indiscriminata: da gente che non ha mai fatto un passo di corsa e si è infilata un paio di sneakers per la prima volta dai tempi del liceo, ad atleti con prospettive di partecipazione olimpica.
Come valuti questo problema dal punto di vista culturale? Come possiamo ricostruire la nostra credibilità agli occhi della gente comune e rilanciare così il nostro sport?

Fatico a farmi un’idea precisa. Da un lato questa valanga di commenti negativi l’ho presa come una sberla in faccia e un invito non richiesto ad un bagno di umiltà: viviamo spesso in una bolla, convinti che le nostre “corse” siano al centro del mondo e che noi siamo sempre portatori sani di messaggi positivi. In un attimo ci siamo trovati messi in un angolo, perché in un momento di grande paura l’immagine del corridore che usciva di casa era perfetta per dare evidenza ad un nemico invisibile da raccontare. E in questo, anche l’esigenza di dare sempre risvolto social ad ogni nostro movimento, ci ha giocato contro. In quei giorni, ho letto il silenzio di campioni veri e lunghi post di ragazzini che sbraitavano di non potersi fermare un attimo perché “professionisti”. Senza nessuna capacità di leggere il momento, anche in termini di comunicazione verso l’esterno, e senza nessuna idea di cosa sia il professionismo sportivo.
Ma incassare la sberla, prendere atto dei provvedimenti che si sono susseguiti, non vuol dire essere d’accordo. Se l’OMS ha sempre sottolineato l’importanza di mantenere l’attività motoria in questa fase e se, anche nelle misure più restrittive, i vari decreti e le varie ordinanze hanno sempre sancito la possibilità di mettere almeno il naso fuori di casa per muoversi, ci sarà una ragione. Sono convinto si potesse fare di più, altre Nazioni lo hanno fatto. Ma se non nella prima fase, almeno da adesso potrà cominciare ad essere lecito dire agli “sceriffi da balcone” – ne abbiamo tanti anche qui da me… – che la loro attività non ha nulla a che vedere con il senso civico e che non contribuisce alla risoluzione del problema, anzi appesantisce fortemente la convivenza civile, anche e soprattutto in un momento di crisi.
Come ricostruire la credibilità del nostro sport agli occhi della gente? Con intelligenza, concretezza, anche con profilo basso e social spenti, se necessario. Dicendo grazie a chi proverà comunque ad organizzare qualche gara, ripartendo dalle origini e accettando con piacere che si svolgano anche con molto meno “contorno” rispetto all’ormai consolidato.
Rispettando le norme che verranno date, prendendo come, appunto, un bene prezioso il progressivo allargamento dei confini che ci potrà essere dato. Ma anche ricominciando a dire con forza che chi si muove rispettando il distanziamento sociale non solo non fa male, ma che anzi, in termini di costi sul sistema sanitario, anche nel breve periodo, incide meno di chi passa le sue giornate sul balcone, vinto dalla paura, a rodersi il fegato e a misurare gli spostamenti degli altri.

Intanto, in attesa di tempi migliori, dobbiamo imparare ad essere pazienti e ad accettare la solitudine, fondamentale nel nostro sport. Il virus ci dà l’occasione di riscoprire questa sensazione e ci costringe a ripensare il nostro tempo, a non dare nulla per scontato. Le nostre capacità di resilienza verranno messe a dura prova ancora una volta: è una sfida anche questa, perchè da qui possa nascere una nuova libertà per tutti.

Francesco Puppi